LE FORNACI

SUOLO POVERO MA RICCO: L'ARGILLA

Le Groane sono un territorio di brughiera di particolare interesse geologico, costituito da ripiani argillosi “ferrettizzati” che rendono l’ambiente assai particolare. 

Devono il loro nome, probabilmente, proprio al suo terreno duro e poco coltivabile, formatosi durante l’epoca preistorica quando il vento depose il “loess”, una sorta di manto di parecchi metri di spessore composto di argilla, sabbia, silt (materiale detritico).
 

Nel periodo glaciale le Groane furono così coperte da un manto di argilla sul quale l’agricoltura non poté certo prosperare. 

Questo tipo di terreno si rivelò tuttavia importante per l’attività industriale. Infatti l’uomo nel corso della storia aprì cave per l’estrazione di questa argilla particolarmente ferrosa che  può  essere lavorata, impastata, modellata, essicata e cotta.

Sorsero così alle porte di Milano, sul luogo del “giacimento” le  fornaci. L’uomo ha estratto, lavorato e cotto l’argilla, modificando il paesaggio con le cave che hanno ribassato di un paio di metri buona parte del territorio.

Le fornaci sono stabilimenti industriali, un sistema ingegnoso con un’unica alta ciminiera e con tanti forni collegati l’uno all’altro nei quali vengono cotti mattoni per ogni tipo di costruzione.

Alcune delle fornaci delle Groane risalgono addirittura alla metà del Settecento. Molte di esse sono oramai ruderi tra boschi e  brughiere, suggestive testimonianze di archeologia industriale; altre sono state inglobate, trasformate o adattate ad altre attività. 

Nel dopoguerra se ne contavano 21, negli anni ottanta erano 7; oggi solo 2 fornaci rimangono in piena attività. 

Il Parco delle Groane ha promosso un Piano di settore Fornaci per stimolare il recupero intelligente di questi siti che con tutte le loro cave saranno recuperati a boschi, prati e sentieri per i cittadini.

Photo: Di VT (discussione · contributi) – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6097413

AREA A

CASTELLAZZO DI BOLLATE

BOLLATE. FORNACI DEL CASTELLAZZO DI BOLLATE 

Si tratta di un’area compatta dal punto di vista paesaggistico, caratterizzata da ampie distese verdi disseminate di ruderi di forni Hoffmann che costituiscono tutto ciò che rimane di ciò che era l’assetto produttivo originario altrimenti noto come la “città dei mattoni”. 

I due forni, situati vicino alla Villa del  Castellazzo e del casello ferroviario F.N.M., furono smantellati intorno al 1930. 

In attività già ai primi anni del Novecento le fornaci, di proprietà della famiglia Crivelli-Arconati, furono date in affitto ai Parodi, Dossena e Zanetti. 

Nel 1917 l’esplosione della vecchia polveriera del Castellazzo (episodio ancora ricordato a memoria d’uomo) coinvolse nell’incidente anche i due forni Hoffman che subirono gravi danni. Da allora la produzione riprese a fasi alterne fino al suo progressivo esaurimento. 

I due forni, privi della loro parte superiore, conservano ancora i percorsi interni della combustione, affiancati da bocche laterali di carico e scarico dei mattoni. 

Ad un centinaio di metri di distanza dal forno settentrionale è ancora possibile riconoscere la disposizione dell’accampamento residenziale con le case in muratura dei fornaciai.

BOLLATE

BOLLATE. “SOCIETÀ ANONIMA LATERIZI DI BOLLATE” 

È il tratto dove si fa più marcato il rilievo del terrazzo argilloso che s’incunea nelle prime propaggini dell’area urbanizzata milanese.

La struttura ancora integra della fornace  “Laterizi di Bollate” , con forno e ciminiera ben visibili, ancora  ne segna il limite in linea con i ruderi dei forni Hoffman del Castellazzo: un piccolo fronte che conferisce al paesaggio un insolito tratto antropico.

La «società Anonima Laterizi di Bollate”, fondata nel 1921 dai Borio-Mangiarotti, proseguì l’attività della preesistente “Fornaci Milanesi” iniziata nel 1912 in località Cascina Origona.

Rimodernata nel 1925, essa divenne famosa per le dimensioni dei propri mattoni pieni che risultavano essere fra i più grossi di quelli prodotti nelle Groane (24x24x11,30/12,00 centimetri).

Famosi furono gli effetti “da bugnato” del mattone, ottenuti con applicazioni di tele da sacco alle filiere di fuoriuscita della pasta argillosa. Essi furono richiesti soprattutto dagli architetti Muzio, Figini, Pollini che li impiegarono in varie opere “faccia a vista”. 

Fra queste opere citiamo le Chiese di San Giovanni alla Creta di via Inganni, dei Quattro Evangelisti di via Pezzetti, dei Santi Giovanni e Paolo di via Maffucci, tutte a Milano.

Il corpo centrale del forno a volta piana e teste tagliate, ancora integro nelle sue strutture perimetrali e coperture, è affiancato ai lati da capannoni aperti per il deposito dei mattoni.

Leggermente distaccata dal corpo centrale del forno, la ciminiera presenta alla base l’inserimento di una statuetta della Madonna di Lourdes che fornisce lo spunto per una forma di religiosità molto viva nella letteratura del lavoro in fornace.

Nella parte posteriore dell’impianto le abitazioni dei dipendenti e alcuni capannoni più recenti completano iltessuto produttivo del complesso guardato a vista dalla casa del custode posta su un leggero rialzo del terreno. 

 

SENAGO

SENAGO. FORNACE PARODI

In Senago, a cavallo del Canale Villoresi, la tipologia del vecchio forno Hoffmann a sedici camere di cottura con ciminiera e bocche laterali è esemplarmente rappresentata dal rudere del vecchio forno Parodi. Il forno, posto a qualche centinaio di metri dal nuovo sito della ditta Parodi (ancora in attività), è privo della parte superiore, ma conserva integralmente il percorso interno. 

L’area apparteneva al nobile Giovanni Manzi che la affittò nel 1872 ai fratelli Gianotti e, in data imprecisata, ai Pessina. 

Il geografo e cartografo Brenna nel 1836 ce la rappresenta come fornace Borghi, anche se in precedenza tutta l’area per la lavorazione dell’argilla era ascritta a certi Marietti Angelo e Ferrari Franco. 

I Parodi chiusero il ciclo dell’avvicendamento modificando l’impianto originario ed introducendo, forse tra i primi nelle Groane, il forno Hoffmann a teste tagliate. 

Oggi la fornace Parodi è un complesso moderno dotato di tutti gli accorgimenti tecnologici più avanzati. 

Labili tracce del glorioso passato sono ancora riscontrabili nelle gambette d’essiccazione dei mattoni, abbandonate ai lati del forno, e nel caseggiato per i dipendenti dello stabilimento,  situato all’esterno della fornace in prossimità dell’ingresso. 

PHOTO (C) by Caplio R4 User

GARBAGNATE MILANESE

GARBAGNATE MILANESE. FORNACE FUSI

La fornace Fusi, costruita sull’area di una preesistente Cascina Fornace, era nota come la fornace del marchese Litta di Milano.

Già in attività nel 1888, il complesso fu poi rilevato dai fratelli Giovanni ed Alessandro Macciachini che demolirono il vecchio forno a pignone. 

Nel 1903 l’impianto fu acquistato dalla famiglia Fusi e Gianotti, rimodernato e meccanizzato. 

Il processo di meccanizzazione fu completato da Ernesto Fusi, divenuto nel frattempo l’unico proprietario della fornace, nel 1922 . Da allora la fornace Fusi produsse il mattone pieno con tecniche a mezzo fra la tecnologia antica e quella più avanzata del settore.

 Il nucleo produttivo originario è costituito da un forno Hoffmann a teste tagliate, da vecchi capannoni di servizio e dalle gambette per l’essiccazione naturale dei mattoni. 

Tutto il complesso, ci offre uno spaccato formidabile dell’intero ciclo produttivo: dall’essiccazione sulle gambette alla cottura dei mattoni pieni. 

All’interno numerosi strumenti e macchine per la lavorazione del mattone,  stampi e pompa di alimentazione del combustibile liquido (nafta); quest’ultima collegata da numerosi bocchettoni di raccordo alle bocche di presa delle camere di combustione.

GARBAGNATE MILANESE

GARBAGNATE MILANESE. FORNACE GIANOTTI-BERETTA

Disposta ai lati della linea ferroviaria delle Ferrovie Nord Milano di cui si servì regolarmente dopo la loro attivazione nel 1879, era conosciuta al tempo del Brenna come la Fornace Soresi. 

Nel 1896 fu acquistata dalla famiglia Beretta e Gianotti (unica proprietaria). 

La sua produzione fu caratterizzata dalla lavorazione di mattoni pieni per usi speciali: cunei per ciminiere e sagomati per chiese e cappelle funerarie. 

Il forno a teste tagliate e volta piana era attorniato da strutture di servizio in mattoni faccia a vista che s’allungavano sulla linea ferrata quasi a formare un unico corpo.

 All’interno del complesso le vecchie strutture architettoniche s’integravano perfettamente con i meccanismi del nuovo ciclo produttivo accostando fra loro aspetti antichi e moderni.

GARBAGNATE MILANESE

GARBAGNATE MILANESE. FORNACE MACCIACHINI 

Proseguendo sulla strada per Senago subito dopo il complesso della Fornace Fusi, la Fornace Macciachini, sul lato sinistro della strada, includeva da una villa padronale con ampio giardino; un breve vialetto d’ingresso conduceva alle strutture produttive che si estendevano dalle gambette al forno Hoffmann a teste tagliate, dai capannoni in muratura alle aree di servizio e della movimentazione dei materiali. 

Anche se l’attività produttiva è cessata da tempo, la tipologia originaria dell’impianto è tuttora riconoscibile nelle varie opere lasciate sul terreno, come nella parte posteriore del complesso dove è possibile cogliere ancora l’esatta disposizione delle strutture, a testimonianza di un’attività antica – nonostante non rilevabile dalle fonti catastali. 

L’unico punto di riferimento certo è un documento attestante il conferimento del diploma al merito per i 50 anni di attività della ditta Macciachini conferito nel corso del 1° Congresso Nazionale dei Produttori di laterizi, tenutosi a Cernobbio il 14 maggio 1951. 

Fra le opere, cui la fornace contribuì con una propria fornitura di mattoni, compare l’Ospedale-Sanatorio “Vittorio Emanuele III” di Garbagnate Milanese. 

Al di là della produzione  vera e propria, la fornace Macciachini è conosciuta nella zona  anche per una  attività collaterale che la legava al mondo dei cavalli, tratto comune ad altre fornaci delle Groane.

GARBAGNATE MILANESE

GARBAGNATE MILANESE: FORNACE INVERNI 

SuIla strada per Senago si affaccia un altro grande complesso edificato sulle preesistenti Fornaci  Polti – Petazzi – Beretta. 

Passato di proprietà all’impresa Chini, che possedeva garanzie più sicure per la propria attività sul mercato milanese grazie al proprio e diretto approvvigionamento dell’argilla delle Groane, lo stabilimento fu rilevato intorno agli anni ’40 da Luigi Inverni, che lo ampliò fino a raggiungere una superficie di produzione utile di 160.000 metri quadri con oltre 400 addetti. 

L’impianto fu dotato di altri due forni dello sviluppo di 150 metri che sfonavano,  tra i primi a livello industriale, laterizi forati. 

Gli Inverni, proprietari di un altro stabilimento a Gerenzano (VA), introdussero nelle Groane la produzione industriale dei laterizi sradicando mentalità e consuetudini della vecchia gestualità e organizzazione del lavoro.

II complesso, di proprietà attualmente delle “Nord Solai” per una piccola parte (le rimanenti parti sono utilizzate diversamente), è stato smembrato e rifatto totalmente. 

Permangono tracce dell’antica disposizione delle strutture nella portineria, situata all’ingresso del sito, nella palazzina in mattoni “faccia a vista” e in alcune piccole decorazioni in cotto. 

Nella parte posteriore del complesso si trovavano le due file di palazzine a schiera riservate alle famiglie dei lavoranti. 

AREA B

SOLARO

SOLARO. FORNACE DI SOLARO 

L’incuria del tempo e dell’uomo hanno profondamente alterato la fisionomia originaria del vecchio forno Hoffmann in località Cascina Livia (sulla strada Solaro-Monza) ma è ancora possibile riconoscere la disposizione delle strutture produttive incentrate sul forno e sui capannoni di servizio. 

Fra questi uno in particolare va annotato per la nitidezza del suo tetto in coppi e falde spioventi: una nota architettonica di rilievo.

 La fornace fu costruita nel 1905 con la denominazione sociale “Ditta Borghi e Cattaneo” di Cogliate. Vi lavoravano numerosi fornaciai di Solaro che sopperirono così in parte alla cronica mancanza di industrie. 

Purtroppo la fornace è collegata ad un episodio tragico riportato dalle cronache dell’epoca:  un ciclone si abbattè violentemente sulla zona provocando il crollo della ciminiera e di una parte del forno. Morirono sedici persone. 

LIMBIATE

LIMBIATE. FORNACE FACCIOLI

Disposta ai lati della linea ferroviaria delle Ferrovie Nord Milano di cui si servì regolarmente dopo la loro attivazione nel 1879, era conosciuta al tempo del Brenna come la Fornace Soresi. 

Nel 1896 fu acquistata dalla famiglia Beretta e Gianotti (unica proprietaria). 

La sua produzione fu caratterizzata dalla lavorazione di mattoni pieni per usi speciali: cunei per ciminiere e sagomati per chiese e cappelle funerarie. 

Il forno a teste tagliate e volta piana era attorniato da strutture di servizio in mattoni faccia a vista che s’allungavano sulla linea ferrata quasi a formare un unico corpo.

 All’interno del complesso le vecchie strutture architettoniche s’integravano perfettamente con i meccanismi del nuovo ciclo produttivo accostando fra loro aspetti antichi e moderni.

LIMBIATE

LIMBIATE. “PRODUZIONE COMMERCIO LATERIZI”. P.C.L.

La Fornace “Produzione Commercio Laterizi”, già moderna negli impianti e nella distribuzione logistica,  ricorda solo in parte la disposizione originaria delle prime strutture produttive. 

Conosciuta all’epoca come Fornace Stella,’ compare già nel I837 con la denominazione sociale “Fornace Bonacina”. 

Oggi i nuovi impianti di lavorazione, i nastri trasportatori, i silos, gli essiccatoi moderni e anche il forno a tunnel hanno sostituito l’organizzazione produttiva del forno Hoffmann. Tempi e modi sono stati completamente irreggimentati all’interno di circuiti chiusi controllati elettronicamente. 

Azienda leader nel campo, la P.C.L. ha incentrato le proprie forze produttive sulla lavorazione del “blocco svizzero”, un laterizio forato di grosse dimensioni collaudato su scala industriale in numerose opere in muratura. 

Fra le fornaci delle Groane la P.C.L. è certamente quella che, più di ogni altra, per tipologia d’impianti e prodotti finali, potrebbe essere contrapposta alla antica tecnologia di lavorazione semi-industriale del mattone pieno.

 

LIMBIATE

LIMBIATE. FORNACE DI PINZANO

A Pinzano, nella frazione di Limbiate, la Fornace “Americana”, così chiamata per il metodo di lavorazione adottato, non presenta più tratti architettonici di rilievo senon per il palazzo padronale in mattoni faccia a vista edificato all’ingresso del complesso.

Il complesso produttivo doveva essere però molto imponente e di consolidata tradizione considerando che esso compare tra i primi impianti censiti nella cartografia dell’ingegnere Brenna nel 1836.

CESANO MADERNO

CESANO MADERNO. FORNACE ALIBERTI (O DEL LAGHETTONE)

Nei pressi del Laghettone, fatto scavare per scopi irrigui dallo stesso Napoleone Bonaparte durante la dominazione francese in Lombardia, possiamo ancora vedere le strutture produttive della Fornace Aliberti di Limbiate. 

La cartografia storica fa risalire l’attività della fornace al 1888, periodo nel quale un certo signor Tagliabue di Monza gestiva,  oltre alle due fornaci di Limbiate, un patrimonio immobiliare di vaste proporzioni . 

Nel 1922 alla lavorazione del mattone s’affiancò un’altra attività che traeva sostentamento dalle tenute agricole e dalle colture di alberi di Aliberti. Questo gli diede la possibilità di gestire la fornitura di legname ed il servizio dei trasporti per conto dei due stabilimenti A.C.N.A. e S.N.I.A. 

Aliberti possedeva anche una passione: per i cavalli; prova ne è la clinica di reintegrazione dell’attività motoria per i cavalli da trotto ed i due anelli da corsa posti nella parte po-steriore del complesso. Su queste piste, a detta dei cultori della materia, venne ottenuto il primato di corsa sul miglio dal cavallo Lincoln.

 Per quanto attiene alla fornace, la produzione cessò da tempo e l’impianto fu smantellato per fare spazio ad un magazzino.

 Il forno, ben conservato nel suo perimetro esterno, è affiancato ancora dalle gambette. Ben conservate sono pure le abitazioni del cu-stode, del padrone e le strutture in mattoni faccia a vista dell’ospedale per i cavalli. Sul lato meridionale una grossa vasca interrata forniva l’acqua necessaria al ciclo della produzione dei mattoni. 

 

CESANO MADERNo

CESANO MADERNO. FORNACE S.N.I.A.

La fornace, di proprietà di uno dei fratelli Giussani, imprenditori di Cesano Maderno, fu acquistata dalla S.N.I.A. e utilizzata in proprio per l’edificazione dello stabilimento di Cesano Maderno situato a pochi passi di distanza. 

In questo modo furono eliminati gli onerosi costi di trasporto del materiale da costruzione e gli inevitabili aumenti di prezzo dei mattoni nei vari passaggi intermedi.

La fornace. intatta nelle sue forme perimetrali, costituisce ancora oggi uno degli esempi più calzanti di forno Hoffmann.

Sul muro scrostato di un edificio di servizio vi è una iscrizione in      ceramica che riporta una frase del “Cantico delle Creature”di San Francesco:

“Laudatu sii Signore per frate foco” 

Nelle immediate adiacenze aree di cave ed impianti di gambette conferiscono al paesaggio una forte connotazione antropica. 

CESANO MADERNO

CESANO MADERNO. FORNACI GIUSSANI

Le fornaci “Enrico e Cesare Giussani” sono  a qualche centinaio dí metri l’una dall’altra sulla strada per Cesano Maderno nei pressi del villaggio operaio della S.N.I.A.. La fornace  “Enrico Giussani” si trova in stato di totale abbandono, ma non di smantellamento e merita di essere segnalata per la rappresentatività del forno Hoffmann e delle sue strutture produttive.

Si tratta di un forno a sedici camere di cottura e volte a botte; sotto le ali del tetto a falde spioventi sono ancora ben allineati i vagoncini a scartamento ridotto per il trasporto dell’argilla ed una macchina per la triturazione del carbone cui fa da rimando, nella parte superiore del forno, il sistema per l’alimentazione delle camere di cottura.

 Sul lato posteriore del complesso sono poste le case in mattoni faccia a vista dei dipendenti. 

La fornace “Enrico Giussani”, costruita nel 1927, seguì in parallelo l’attività dell’altra fornace “Cesare Giussani” entrata in attività in epoca anteriore al 1865 come da certificazione comunale. 

Quest’ultima, completamente trasfigurata nei suoi antichi tratti architettonici, ha assunto da tempo fisionomia e caratteristiche del complesso moderno, lasciando intravedere solo all’ingresso i segni della struttura originaria.

CESANO MADERNo

CESANO MADERNO. FORNACE ARRIGONI.

“Lavorazione di laterizi a mano e a macchina, mattoni pieni e forati, coppi, funzionamento con impianto elettrico e molazze impastatrici” 

Così recitava la targa all’ingresso della Fornace “Arrigoni e Soci”.

Fondata agli inizi del 1900 (come risulta da due fatture emesse per la fornitura di mattoni al Comune), fu rilevata nel 1925 da Luigi Solcia, imprenditore.

Dopo la chiusura per gli eventi bellici (1940-45) fu riaperta da Emilio Solcia che la dotò di nuove attrezzature tecnologiche e la collegò ai binari della ferrovia per il trasporto dei manufatti ed il rifornimento del carbone.

La produzione cessò nel 1968.


AREA c

COGLIATE

COGLIATE. FORNACE LEGNANI 

Le notizie catastali sulle fornaci di Cogliate sono contraddittorie.

Le proprietà di fornaci e l’esistenza di attività lavorative, diffuse nel territorio, s’intrecciano in un fitto rapporto interdipendente, non sempre è possibile risalire alla ragione sociale della prima costituzione d’impresa. 

La cartografia storica, pur non essendo più precisa, ci aiuta però a capire maggiormente la disposizione originaria delle fornaci nell’area cogliatese. 

In località San Damiano nel 1878 era operativa una fornace di proprietà di certi Borghi Angelo e Fratelli, rilevata nel 1907 da Cattaneo Isaja. 

Sono solo tracce il cui riscontro fisico, oggi come oggi, ci viene esclusivamente dalla Fornace Legnani sulla strada secondaria Ceriano Laghetto-Cogliate. 

L’impianto, recuperato a fatica fra le rovine di un forno Hoffmann dimezzato, era di proprietà di Angelo Borghi al quale subentrò, in data imprecisata, Angelo Legnani. 

Curiosità: nell’ambito della propria produzione il Legnani, in più,  riforniva regolarmente di argilla l’artigiano Varigozzi di Milano per i modelli delle sue campane.

 

COGLIATE

COGLIATE. FORNACE PIZZI – CLERICI

Questa è forse la fornace più rappresentativa delle Groane per lo spaccato produttivo che ancora riesce a restituire. L’esistenza di strutture e di notizie certe sulla sua costituzione ci permette di leggere attentamente la trasformazione e l’organizzazione della produzione nel corso del tempo. 

Il terreno (180 pertiche), di proprietà dell’Ospedale “Pia Porro di Lambertenghi” fu acquistato il 25 novembre 1923 da Ferdinando Cattaneo, Carlo Minoretti e Lorenzo Pizzi per la somma di 27.000 lire; si iniziò a lavorare nel 1924. Il 22 febbraio 1936 la famiglia Pizzi, composta dai fratelli Michele, Lorenzo e Angela, acquisì la proprietà di tutta la fornace avviando una produzione di circa 700/800 mattoni al giorno. 

Vi era impegnata manodopera stagionale d’estrazione friulana, alloggiata in baracche in muratura. Il forno Hoffmann, inalterato nella parte posteriore del percorso che presenta ancora le bocche laterali per l’ingresso dei mattoni, fu tagliato nella parte anteriore e coperto con una tettoia in metallo; la ciminiera, posta di lato, venne dimezzata e rimpiazzata da un ventilatore industriale. 

Le case in muratura avevano una cucina e servizi igienici dotati di docce; i rustici per l’ammasso dei mattoni e l’officina meccanica di riparazione e manutenzione delle macchine completavano lo spaccato produttivo. Sul retro del complesso un edificio, anche esso in mattoni, ospitava la vasca per l’impasto dell’argilla.

L’argilla era spostata mediante vagoncini a scartamento ridotto con un locomotore diesel (Orenstein Koppel); l’acqua prelevata, come è attestato dalle fotografie d’epoca, da buche dette “foppe” scavate nel terreno e riempite quotidianamente con carichi di botti portate a dorso d’asino dal vicino Comune di Barlassina. 

I mattoni, cotti con carbone di legna – prerogativa che rimarrà nel tempo in forza alla tradizione della Pizzi – erano richiesti per le opere più disparate: restauro dell’arco di Piazza Cavour, Milano; costruzione del Parcheggio della “Rinascente” di Milano; dalla realizzazione del villaggio “La Pinetina” di Appiano Gentile allo stabilimento industriale della “Star” di Agrate Brianza. 

Nel 1971 la produzione cessò lasciando sul terreno opere che il tempo ha risparmiato dalla distruzione totale. 

Il terreno cavato, i segni dall’antico percorso della linea di ferrovia a scartamento ridotto, gli edifici di servizio della produzione, gli impianti di produzione (forno ed edificio macchine), le gambette per l’essiccazione dei mattoni, la portineria, i capannoni ed infine i rustici per l’ammasso del mattoni, rappresentano tutt’oggi uno spaccato esemplare del ciclo di lavorazione.

COGLIATE

COGLIATE. FORNACE CEPPI 

II grosso complesso in mattoni faccia a vista della fornace Ceppi con le sue case, le officine, i servizi e il forno, fu acquistato dalla famiglia Ceppi nel 1939.

La sua esistenza è documentata nella cartografia storica del 1922; in origine,  la proprietà del complesso era ascritta a quella della fornace “Briantea” di Briosco, di grosso peso e tradizione nel settore dei laterizi. 

Attualmente la produzione della Ceppi risente delle difficoltà e della crisi del ramo produttivo.

COGLIATE

COGLIATE. FORNACE ZANETTI

Anche in questo caso occorre rifarsi alla cartografia storica del 1922 poiché l’attività, cessata del tutto.

Rimane un ricordo solo nel caminone, rinforzato con cemento nel 1955; il complesso è stato totalmente ristrutturato per ospitare attività industriali diverse da quelle originarie. 

Si sa però che il primo proprietario era un certo Fornasari che lo vendette ai Zanetti, famiglia originaria di Oleggio.

COGLIATE

COGLIATE. FORNACE RE

La cartografia storica del 1837 indica tre siti corrispondenti alle fornaci Ruggi, Rossi (dirimpettaie) ed alla fornace di Francesco e Carlo Giobbio, proprietari nel 1859 dell’attuale Fornace Re. 

La stessa fu acquistata nel 1919 dalla famiglia Re che utilizzò l’impianto ampliandolo fino a portarlo agli attuali spazi, visibili.

Il complesso ha infatti spazi produttivi coperti (50.000 metri quadri) e 40.000 metri lineari di gambette.

Attualmente la lavorazione è cessata del tutto ed il forno, con le strutture originarie, è stato completamente smantellato

SEVESO

SEVESO. FORNACE FUSARI

Si tratta di una fornace a conduzione famigliare posta al di fuori del perimetro del Parco delle Groane degna di essere considerata per l’inequivocabile testimonianza del lavoro “domestico”. 

La Fornace Fusari, situata in via Sant’Agostino 162, sulla strada che da Lentate sul Seveso porta a Mariano Comense, produce mattoni pieni con una tecnologia meccanizzata.

Essa rimane tuttora ancorata per impianti, per schemi e ritmi di produzione, per gestualità e organizzazione all’antico mestiere del fornaciaio.

 link al sito della Fornace Fusari: https://www.fornacefusari.com/